lunedì 20 ottobre 2014

La Nullità della Religione

La messa, il catechismo, la preghiera prima di andare a dormire, le crociate, le indulgenze, tutto ruota attorno alla Religione!
Perché noi, uomini del ventunesimo secolo, rimaniamo incollati a tali credenze? Perché inconsciamente siamo attratti verso tale mondo soprannaturale fatto di forze divine, creature angeliche, spiriti provvidenziali?
Queste domande se le posero anche Materialisti e Razionalisti, dando accurate risposte che apparentemente risultavano ineccepibili, ma vennero studiate e in seguito criticate aspramente dai più forbiti teologi.
Una delle tesi esposte dai filosofi Illuministi (e non solo) che, a parer mio, è di certo la migliore, è quella secondo la quale l'Uomo moderno mantiene vive le superstizioni della Religione (e la Religione stessa) per semplice costume. E' la cultura che ci porta a mantenere tali tradizioni (sì, semplici e mere tradizioni), come se fossimo portati per inerzia a perseguire e mettere in atto gli stessi ideali che i nostri avi sentivano come propri, adeguati, certamente, ad un contesto (ad esempio quello medievale) nettamente diverso rispetto al nostro.
Ma il mondo cambia ("Panta Rei" diceva Eraclito), e con esso anche l'Uomo. Le saette di Zeus sono diventate esplosioni di elettricità statica, i terremoti del dio Vulcano sono diventati movimenti delle placche tettoniche, le raffiche di Eolo sono diventate masse in movimento secondo un gradiente di pressione: la Scienza ha fagocitato il mondo fantastico e mitologico per poi rigettarlo sotto forma di leggi matematiche, in tal modo la Religione dei nostri avi venne denaturata, smembrata, privata del suo fascino classico.
I miti, le parabole, le sacre scritture si salvarono dall'aggressivo avanzamento della Ragione perché erano le uniche che potevano guidare l'uomo verso la "retta via", verso il bene e verso il progresso (dal punto di vista sociale e non solo), quello stesso progresso che ora sta pian piano rivalutando il ruolo della Religione, per poi superarlo definitivamente.
Non nego la grande utilità della Religione, in fondo, ci ha accompagnato e guidato fedelmente fino ai giorni nostri, però è giunto il momento che l'uomo apra gli occhi, che comprenda che deve abbandonare le limitazioni della sua cultura, delle sue tradizioni, per poter carpire il meglio di ciò che i nostri padri ci hanno tramandato, e cioè la Morale.
La Morale è stata quella forza, nascosta sotto il falso nome della Religione, che ha operato indisturbata per plasmarci e per spingerci verso il progresso. Non possiamo negarla, ne negare il nostro passato, perché una tale scelta comprometterebbe drasticamente il nostro futuro.

mercoledì 8 ottobre 2014

La Bussola del Romanticismo: l'Io

Come l’Illuminismo nacque e prosperò in un periodo florido, di invenzioni, di scoperte, di rivoluzioni in tutti i campi scientifici a quel tempo conosciuti, così il Romanticismo, visto dai più conservatori come un rigetto tumorale del secolo precedente, data l’avversione dei romantici nei confronti della Ragione come elemento fondamentale per il progresso e la predilezione delle emozioni come guida nella vita, attinse la sua forza dalle rivoluzioni risorgimentali, nelle quali il ferro e il sangue, l’eroismo e la paura facevano da padroni. Ma fu un periodo buio il Romanticismo? Si può definire il “Medioevo dell’età contemporanea”? Certo che no! È stato il movimento che più ha condizionato positivamente il nostro presente in maniera permanente. Infatti grazie al Romanticismo conosciamo la vera importanza dell’Individuo; ogni uomo trae forza dal proprio Io e solo grazie a ciò può esprimere la propria diversità rispetto agli altri per avere la possibilità di elevarsi ed essere una persona migliore. Come afferma lo stesso filosofo ginevrino Rousseau <<Non sono fatto come nessuno di quelli che ho incontrati; oso credere di non essere come nessuno di quanti esistono(!).>>, nasce così una sorta di individualismo positivo, cioè una nuova concezione della diversità e unicità di ogni essere, infatti ogni individuo è tesoro di nuove conoscenze che possono essere esplorate e apprese tramite il confronto con l’Io che ogni uomo possiede.

Ma come in ogni movimento si arriva sempre all’eccesso, c’è sempre qualche filosofo o autore di ogni corrente di pensiero che esaspera i propri ideali, rasentando la follia e rappresentando così la stessa fine del movimento di cui faceva parte. Come infatti la rivoluzione francese, il sunto di tutto il pensiero illuminista, portò alla disfatta del periodo dei Lumi, così l’importanza dell’Io fece decadere il Romanticismo (anche se lo rese famoso proprio questo suo aspetto). Scrive Mario Puppo <<… si è presto esasperata in una forma di sfrenato soggettivismo: la storia spirituale dell’Ottocento è in gran parte la storia di questa avventura dell’Io individuale posto al centro dell’universo, fatto misura e origine di ogni valore e scoprentesi sempre più povero e miserabile a mano a mano che si liberava da ogni limite esterno, fino all’esaurimento, alla stanchezza, alla nausea di se stesso…>>, i romantici vollero superare i limiti della Ragione, oltrepassare quelle “Colonne d’Ercole” che il Settecento aveva posto, per cercare di approdare verso il monte dell’ultraterreno, dell’infinito e del vero e puro desiderio, ma come fu per l’Ulisse narrato da Dante nell’Inferno, anche i Romantici vennero risucchiati in un vortice fatto di emozioni negative come la Rassegnazione, l’Ironia e infine la Noia.


Dalla letteratura alla pittura, tutte le arti vennero in qualche modo a contatto con questi tipi di sentimenti ed emozioni che rappresentarono per queste un periodo prolifico di opere scritte e capolavori artistici. L’esempio più conosciuto della pittura Ottocentesca, che mostra più di tutti le caratteristiche romantiche, è il dipinto “Viandante nel mare di nebbia”, opera di Friedrich . In questo quadro si riesce a carpire la vera essenza dell’Individualità (il soggetto, da solo su un promontorio roccioso), ma nel contempo chi osserva il quadro protende l’occhio verso quella massa indefinita (la nebbia) che il soggetto stesso del quadro sta mirando, lì è situato il più grande desiderio dell’uomo romantico, lì vi è riposto l’Infinito inarrivabile. Sì, l’Infinito, cioè il Tutto e il Completo, quella Perfezione che tutti i più grandi pensatori romantici desideravano e che volevano coincidesse con il loro Io, affinché, tramite quella completezza, potessero realizzare il mito del Genio assoluto, colui che avrebbe predominato su tutte le arti solo grazie alle proprie sole capacità.

martedì 7 ottobre 2014

La Società del Freddo


Mi sono sempre chiesto come mai paesi come la Germania, l'Inghilterra, la Danimarca e praticamente tutti quelli sopra le Alpi, sono loci amoeni dove l'economia è florida, le istituzioni funzionano a dovere, le famiglie vivono in serenità e nessuno si sente discriminato o tagliato fuori. Insieme a questa domanda ne seguiva sempre un'altra: come mai in Italia la vita non è così semplice come negli altri paesi?
In fondo viviamo nella stessa Europa e condividiamo la stessa democrazia; allora perché c'è una così netta divisione tra noi e loro?
Quando mi vengono in testa questi strani quesiti, e inizio a pensare alle cause che hanno portato a tali problemi, non mi fermo allo studio del presente o delle guerre di età contemporanea da cui è derivato ciò che siamo oggi. Io ho questo continuo desiderio di andare a ricercare le cause nel profondo, quelle cause comuni che, in questo caso, accomunano tutti questi paesi, una "legge" che valga per tutti.
Mentre studiavo immerso tra un miscuglio indefinito di Leopardi, Seneca e qualche poesia di Baudelaire mi è partito un trip mentale e ho iniziato a divagare con la mente fino a che ho trovato la risposta a quel quesito che da un po' mi assillava.
Tale risposta da come è venuta fuori può sembrare una cavolata, ma se studiata a fondo è anche degna di merito, proprio per questo l'ho voluta condividere con voi.
Secondo l'intuizione che ho avuto (se così si può chiamare), tutto nasce da un passato parecchio remoto, quando ancora si scriveva con le rune (o magari non ancora) e i racconti si tramandavano per via orale. Gli uomini del Nord erano divisi in tribù e ovviamente in ognuna delle quali ogni uomo donna o bambino aveva il suo ruolo affinché l'intera comunità potesse sostenersi e prosperare. Nessun individuo poteva sottrarsi al proprio dovere, perché se qualcuno non accettava il suo ruolo avrebbe determinato grossi problemi per sé stesso e per la tribù intera. Inoltre alle nuove generazioni veniva insegnato a servire la comunità, vista come un unico, un tutto, un intero, perché da essa derivava protezione, cibo e un rifugio sicuro; era un onore servire la tribù e un disonore pensare prima al proprio conto piuttosto che agli altri. Ma la cosa più importante è che la tribù risultava la salvezza dell'individuo soprattutto in luoghi freddi e inospitali come la Scandinavia, la Danimarca e il Nord della Germana. Ovviamente sulla penisola iberica o in quella italica o sulle coste Nordafricane un singolo uomo, da solo avrebbe avuto molte più possibilità di sopravvivenza di un uomo in territori vicini a quelli dei ghiacci perenni. In questi territori quindi unire le proprie forze con quelle di altri uomini risultò determinante per la colonizzazione di territori così inospitali.
Proprio da questo punto appena espresso ho tratto il titolo di questo mio articolo. La Società del Freddo nasce proprio in quel periodo, tra quelle tribù. Il freddo ha reso uniti i popoli, il freddo ha costretto gli uomini a fidarsi gli uni degli altri, il freddo rappresenta quasi il suggello di quel "contratto sociale" di cui tanto i filosofi settecenteschi (come Rousseau) parlavano, o anche il Leviatano hobbesiano davanti al quale tutti si devono inchinare.
Il Freddo (metaforicamente parlando) è arrivato fino ai giorni nostri e vive tuttora nelle popolazioni più antiche e più "pure" (come direbbe Fichte) che hanno saputo mantenere i grandi valori antichi.
Non è un caso che la Germania si sia risollevata per ben due volte dopo due Guerre Mondiali, e ora è uno dei più potenti paesi trainanti, non è un caso che la Norvegia sia il primo paese della classifica ISU (Indice Sviluppo Umano), e , ahimè, non a caso, che paesi come l'Italia, la Spagna e il Portogallo mantengano livelli di civiltà mediocri.